GIANNI
3 luglio - ore 21.00
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ispirato alla voce di Gianni Pampanini
di e con Caroline Baglioni
regia Michelangelo Bellani
supervisione alla regia C. L. Grugher
luce Gianni Staropoli
suono Valerio Di Loreto
Tecnico luci Luca Giovagnoli
assistente alla regia Nicol Martini
organizzazione produzione Mariella Nanni
produzione La società dello spettacolo
residenze artistiche
Auditorium Santa Caterina (Foligno InContemporanea) - L'arboreto - Teatro Dimora di Mondaino
si ringrazia la famiglia Baglioni per il sostegno e la collaborazione
progetto vincitore del Premio Scenario per Ustica 2015
spettacolo vincitore del Premio In-Box Blu 2016
Premio Museo Cervi - Teatro per la Memoria 2017
Avevo circa tredici anni. Mio padre tornò a casa e disse che era arrivato il momento di occuparci di Gianni. Era un gigante Gianni. Alto quasi due metri, ma a me sembravano tre e nella mia mente è un film in bianco e nero.
Gianni sembra oggi un ricordo lontano, ma era lontano anche quando c’era.
Era lo zio con problemi maniaco-depressivi che mi faceva paura. Aveva lo sguardo di chi conosce le cose, ma le ripeteva dentro di sé mica ce le diceva. Fumava e le ripeteva dentro di sé. Gianni non stava mai bene. Se stavamo da me voleva tornare a casa sua. Se stava a casa sua voleva uscire. Se era fuori voleva tornare dentro. Dentro e fuori è stata tutta la sua vita. Dentro casa. Dentro il Cim. Dentro la malattia. Dentro al dolore. Dentro ai pensieri. Dentro al fumo. Dentro la sua macchina.
E fuori. Fuori da tutto quello che voleva.
Non aveva pace Gianni. Ogni centimetro della sua pelle trasudava speranza di stare bene. Stare bene è stata la sua grande ricerca. Ma chi di noi non vuole stare bene?
Nel 2004 in una scatola di vecchi dischi, ho trovato tre cassette. Tre cassette dove Gianni ha inciso la sua voce, gridato i suoi desideri, cantato la sua gioia, detto la sua tristezza.
Per dieci anni le ho ascoltate riflettendo su quale strano destino ci aveva uniti. Un anno prima della mia nascita Gianni incideva parole che io, e solo io, avrei ascoltato solo venti anni dopo. E improvvisamente, ogni volta mi torna vicino, grande e grosso, alto tre metri e in bianco e nero.
Caroline Baglioni
NOTE DI REGIA
Quando Caroline, mi ha fatto ascoltare per la prima volta le audiocassette di Gianni, ho subito pensato a un progetto teatrale che dovesse raccontare questa storia. La storia di un uomo e di un’epoca. E la storia di un legame. L’epoca è quella dei favolosi anni ‟80. (Le tre cassette ritrovate vengono incise a più riprese fra il 1984 e 1986). Ci siamo a lungo interrogati sul perché avesse inciso quei nastri. Per lasciare un segno del suo passaggio? Per riascoltarsi e scoprire cosa c’era nell’abisso di sé? Per esorcizzare la paura di vivere? È un flusso di coscienza, ironico, intelligente, drammatico, commovente che si muove a picchi infiniti fra desiderio di vivere e morire con la stessa forza e disperazione. Ma la vera potenza evocativa del suo linguaggio è quella di portarci spontaneamente dentro ciascuna delle nostre esistenze e in fin dei conti renderci conto che tutti noi, almeno una volta nella vita, ci siamo sentiti come Gianni.
E allora verrebbe da chiedersi se alla fine, oltre la morte, questo portare fuori, questo ripetere autenticamente i suoi pensieri, faccia vivere e rivivere Gianni come un’anima nuova che attraversa le vite di chi guarda, trovando nell’ascolto il riscatto di un’esistenza e se tutto questo sia giusto da esternare. Forse, non lo sarebbe se a ritrovare quei nastri fosse stato qualcun altro. Ma in fondo credo che fra Caroline e Gianni ci fosse qualcosa come un appuntamento.
Gianni è la storia di questo legame profondo, di un viaggio fra le tracce autentiche delle parole e di un percorso umano “troppo umano” universale per dirci che: «Parlare non uccide... cioè può uccidere una persona, me stesso, ma nessun altro... Stop.»
Michelangelo Bellani